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al testo di Paolo Mazzocchini
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Nei giorni di libeccio in via Lumumba passeggio, spettatore intatto dal vento, rasente al muro a secco che sorregge un vallo compatto di case rosa e giallo impallidito, finestrelle occhiute e sghembe, intonaco graffito di muffe e di varici esplose a fior di vernice. Percorro un terrapieno d’aria lucida e calma, balcone sul pianoro che sfuma nella rada. L’ombra mia mi segue in piatta quiete, sagoma netta che avanzando appena si frastaglia in cima, fra ciuffi d’erba e il guardrail al ciglio della strada. In alto il vento è un fiume in piena, sfarina nuvole, involve nel suo lagno felino lame nere di rondini, cartoni e foglie, tortura fronde sulle nuche degli alberi come trecce d’alghe l’ira della corrente. Dalle grondaie tracima scivolando oltre la nicchia di cristallo qui, che mi consacra, saldo sul piedistallo di un portone. Vaso colmo dell’hybris d’una effimera grazia osservo nel vortice disfatto le ceneri indignate di un mondo da me altro stridule lontanare precipitando nell’ombelico del mare. |
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